Uber torna a sperimentare la guida autonoma a San Francisco

Guida autonoma

Nel 2018 un’auto a guida autonoma di Uber è stata la prima (e finora l’unica) ad aver ucciso un pedone. Accadde in Arizona, al buio e al termine di una lunga serie di errori, sia umani sia di programmazione.

Dopo l’incidente i piani di Uber per la sperimentazione della guida autonoma furono prima bloccati, quindi spostati in un altro Stato americano. Ora, a quasi due anni esatti dall’incidente, Uber tornerà a testare i suoi veicoli a guida autonoma per le strade di San Francisco. La città californiana fu la prima nel 2016 a ospitare il programma di guida autonoma di Uber, ma per una serie di problemi nei permessi l’azienda fu costretta a fermarlo solo poche ore dopo il lancio. Da lì la decisione di spostarlo in Arizona, dove poi avvenne l’incidente mortale.

Adesso, dopo una serie di misure di sicurezza aggiuntive, la auto diverless di Uber potranno ricominciare a macinare chilometri per le strade di “Frisco”, raccogliendo dati preziosi per il training delle reti neurali. Si inizierà con sole due auto, ogni auto avrà al suo interno due conducenti di sicurezza (uno degli errori del 2018 fu lasciare solo un conducente nell’autovettura, che distratta a guardare uno show televisivo sul tablet non si accorse del pedone) e i test avverranno solo di giorno, per evitare le condizioni di visibilità limitata che contribuirono all’incidente di due anni fa.

Attualmente le uniche città dove Uber sta sperimentando la guida completamente autonoma sono Pittsburgh, dove l’azienda trasferì il progetto nel 2018, e per l’appunto San Francisco. Per l’addestramento delle reti neurali è indispensabile ottenere più dati possibili da città e aree di guida differenti. Uno dei problemi maggiori infatti è rappresentato dal labeling, dalla corretta classificazione degli oggetti visti dalle telecamere, e per ottenere risultati accurati è necessario mostrare ai sistemi di guida autonoma più segnali, strade, auto, oggetti e persone possibili.

Per fare un classico esempio, una rete neurale addestrata solo con immagini ottenute in luoghi caldi o temperati potrebbe trovarsi in serie difficoltà se usata in una città innevata, dove il mantello di neve ricopre e nasconde molte delle caratteristiche della strada. E dove qualsiasi pupazzo di neve potrebbe essere scambiato per un pedone in procinto di attraversare.

Mi occupo da molti anni di intelligenza artificiale. Dopo la laurea in Management ho conseguito una specializzazione in Business Analytics a Wharton, una certificazione Artificial Intelligence Professional da IBM e una sul machine learning da Google Cloud. Ho trascorso la maggior parte della carriera – trent'anni - nel settore della cybersecurity, dove fra le altre cose sono stato consigliere del Ministro delle Comunicazioni e consulente di Telespazio (gruppo Leonardo). Oggi mi occupo prevalentemente di intelligenza artificiale, lavorando con un'azienda leader del settore e partecipando a iniziative della Commissione Europea. Questo blog è personale e le opinioni espresse appartengono ai singoli autori.