Un lungo articolo su Algorithm Watch spiega con dovizia di particolari quello che si sa sull’uso del riconoscimento facciale da parte della polizia in Slovenia.
La storia è interessante non solo perché la Slovenia è un Paese a noi vicino e membro dell’Unione Europea, ma perché ricalca quello che spesso vediamo anche altrove quando qualcuno cerca di fare chiarezza sulle modalità e sui limiti di utilizzo delle tecnologie di riconoscimento facciale da parte dello Stato: riluttanze, mezze verità, ammissioni nebulose.
Dalle varie testimonianze raccolte dall’associazione sembra che la polizia slovena già cinque anni fa avesse la capacità di individuare e riconoscere i cittadini grazie a un software chiamato Face Trace, ma per trovarne menzione ufficiale bisogna affrontare un enorme muro di reticenze.
Inoltre qualche mese fa, con la scusa delle misure anti-covid, il governo aveva provato a far passare una legislazione – ora parzialmente emendata – che nella sua forma originale il Garante per la Privacy sloveno non aveva esitato a definire “da stato di polizia“. Essa avrebbe consentito ad esempio alle forze dell’ordine di tracciare la posizione dei cellulari anche senza l’autorizzazione di un giudice.
Per approfondire l’argomento: Slovenian police acquires automated tools first, legalizes them later