L’intelligenza artificiale al servizio della sanità italiana

Sanità e intelligenza artificiale

Gli algoritmi di Intelligenza Artificiale stanno rivoluzionando e digitalizzando il mondo attuale. In particolare, nel settore sanitario italiano, si sta verificando un incremento di utilizzo e sviluppo di nuovi algoritmi.

Come riportato dall’Osservatorio Artificial Intelligence della School of Management del Politecnico di Milano, il mercato relativo ai sistemi di Intelligenza Artificiale in Italia conta attualmente un valore di 380 milioni di euro, registrando nel 2021 una crescita del 27% rispetto ai due anni precedenti nonostante rimangano ancora radicati scetticismi e dubbi in merito all’implementazione di essi.

Al fine di analizzare la situazione corrente in merito alle idee e opinioni riguardanti i sistemi di IA, è stato somministrato un questionario alla popolazione, un campione totale di 107 persone, dal quale sono emersi differenti spunti di riflessione.

Un primo dato interessante è emerso domandando all’intervistato, se avesse avuto un’esperienza con un sistema di Intelligenza Artificiale in ambito medico.

Il 73,8% ha dichiarato di non avere mai avuto un’esperienza con questi sistemi. Il restante si è diviso tra il “non saprei”, (21,5%), e il “sì”, (4,7%).

Questi due ultimi dati sono particolarmente significativi in quanto evidenziano da un lato, una non conoscenza dell’argomento, data dal non essere in grado di confermare o smentire se effettivamente si è mai fatto uso di sistemi di IA, dall’altro, emerge l’attuale situazione italiana nella quale gli algoritmi di Intelligenza Artificiale non sono ancora sufficientemente sviluppati e diffusi. Emerge infatti che solo 5 persone su 107 ne hanno avuto esperienza in ambito clinico.

Domanda: Ha mai avuto un'esperienza con un sistema di intelligenza artificiale in ambito medico?

Per coloro che avessero avuto un’esperienza con un sistema di IA, è stato chiesto in quale specialità medica fosse stato utilizzato il sistema. Le risposte ricevute hanno riportato il 40% in radiologia, e il restante suddiviso tra oncologia 20%, laboratorio d’analisi 20% e ortopedia 20%.

È chiaro dunque che il mondo della radiologia è quello che ha implementato e utilizzato maggiormente questi nuovi algoritmi, un dato che rispecchia anche l’opinione del Professor Luca Maria Sconfienza, Responsabile dell’Unità Operativa di Radiologia Diagnostica e Interventistica all’IRCCS Istituto Ortopedico il quale afferma che ci sono alcune discipline che più di altre si prestano a questo utilizzo “si pensi al medico di base che parla al paziente, lo visita, e cerca di capire che cosa ha, questa visita non può essere sostituita da un IA” mentre invece per altre discipline tra cui la radiologia, “il medico ha un rapporto piuttosto scarso con il paziente. Il paziente nel 99% dei casi non vede in faccia il medico che ha analizzato la sua radiografia. In questi casi c’è sempre stata la paura di aumentare questa invisibilità e di accrescere la distanza con il paziente”.

Domanda: Per quale specialità medica è stato utilizzato?

Successivamente, è stato domandato quanto il paziente si sentirebbe al sicuro sapendo che sarà un sistema di Intelligenza Artificiale ad eseguire una diagnosi/intervento e non un medico, indicando un valore da 1 a 5.

Il 48,6% ha indicato il valore 3 quindi probabilmente si sottoporrebbero ad un intervento o diagnosi da parte dell’algoritmo ma con qualche perplessità forse dovuta ad una non completa conoscenza dell’argomento e al fatto che in Italia non ci siano ancora abbastanza esperienze che possano incentivarne l’utilizzo.

È evidente che ancora ad oggi la figura del medico sia di estrema importanza, infatti, le persone che hanno dato il voto massimo, che quindi si sentirebbero molto al sicuro, sono state solamente 6 su 107, dato che potrebbe anche dipendere da una propria situazione personale relativa ad esperienze negative ed errori subiti da medici che un algoritmo avrebbe potuto evitare. Allo stesso tempo però sono in maggioranza rispetto a coloro che non hanno fiducia e che hanno espresso il valore 1, (4,7%).

Sensazione di sicurezza

Infine, in relazione alla fiducia e al rapporto del paziente con il medico, è stato domandato se si pensasse che il rapporto tra medico e paziente, potesse peggiorare e disumanizzarsi se il medico utilizzasse sistemi di IA per formulare diagnosi e operazioni.
La maggior parte delle persone hanno risposto sì o probabile che si verifichi, scegliendo come risposta certo, (10,3%), probabile, (28%), e molto probabile, (28%).

Peggiorare il rapporto tra lei e il medico, disumanizzandolo

Per avere una visione completa sono state effettuate diverse interviste che hanno coinvolto esperti ed utilizzatori di sistemi di IA in ambito sanitario italiano, che hanno fatto emergere ulteriori punti oggetto di riflessione.

Il timore più ricorrente tra i professionisti del settore è relativo ad una possibile sostituzione o dequalificazione del medico a favore dell’IA. In merito a ciò, il dottor Vincenzo Iurilli direttore di Radiologia presso l’ospedale Sant’Orsola di Vicenza, ha affermato che “noi possiamo stare senza il software ma il software senza di noi non può stare” dichiarando quindi la necessaria presenza del medico a presidio del sistema.

Allo stesso tempo, il Dottor Fabrizio D’Ascenzo, cardiologo presso l’Ospedale Molinette di Torino, ha affermato che quando si parla di IA in ambito medico, non si tratta di “dequalificazione ma di un potenziamento delle nostre possibilità.

Questi sistemi infatti forniscono un livello di precisione estremamente elevato. Il dottor Lepore, Specialista presso l’Unità Operativa di Oculistica della Fondazione Policlinico Universitario Gemelli, ha affermato che il sistema di IA da lui utilizzato, nato con lo scopo di prevenire la retinopatia dei bambini prematuri, detiene “un’accuratezza superiore al 98%”.

Il Dottor Cesare Hassan, specializzato in gastroenterologia presso il centro Humanitas, a seguito dell’utilizzo del sistema Gi Genius in grado di rilevare il 13% in più di polipi o lesioni tumorali del colon, ha affermato che l’IA fornisce un grandissimo aiuto al medico in quanto “in una colonscopia ci sono venticinque mila fotogrammi e il polipo potrebbe essere anche solo in un unico fotogramma, l’occhio si può stancare o distrarre e non vederlo“. È evidente quindi che l’IA oltre a fornire un elevato grado di accuratezza, possa anche colmare alcuni limiti insiti nell’essere umano.

Sono emersi però anche elementi a sfavore dell’IA. Il dottor Banzato ricercatore in clinica medica veterinaria al MAPS, sostiene infatti che un algoritmo “non è una vera intelligenza in quanto, quando si sposta da un ambiente all’altro, le performance calano molto perché non è in grado al 100% di estrapolare dei concetti e delle idee”.

Inoltre, è emerso che nello sviluppo dell’algoritmo si creano divergenze tra coloro che collaborano in quanto provenienti da campi differenti. La biochimica clinica dell’IRCCS San Raffaele, Anna Carobene, ha infatti affermato che “purtroppo, noi clinici stiamo tendendo a vendere i dati e non a collaborare, questo è sbagliato. Non possiamo dare questi numeri in pasto ad un informatico che non sa niente di tutto questo, c’è la necessità di collaborare”.

Questa tesi è stata confermata anche dal Dottor Alberto Eugenio Tozzi, pediatra all’Ospedale Bambin Gesù di Roma, il quale afferma che “serve l’interdisciplinarità in un gruppo di persone che lavorano con l’IA. IT, Data Scientist, Clinici. Tutti cercano di governare il proprio orticello, guai ad uscire. È una malattia grave”.

Infine, nonostante il riscontro positivo degli esperti intervistati, è emersa, in alcuni casi, una paura generale di questi sistemi. Il dottor Lepore ha infatti evidenziato come molti medici siano spaventati dal fatto che stia emergendo sempre più “la quantità di errori che fa l’essere umano e quanto invece la macchina sia in grado di non sbagliare”.

Di questa linea è anche il Dottor Eugenio Tozzi, il quale afferma che “il clinico resiste perché si sente mancare la terra sotto ai piedi cioè se rinunci al sapere della medicina e ti dedichi ad un’altra disciplina, è pericoloso, perdi potere. Noi navighiamo in questa incertezza.”

I riscontri ottenuti hanno fatto emergere che l’Intelligenza Artificiale, se utilizzata correttamente, a fianco dell’essere umano e non al suo posto, è in grado di colmare i limiti dell’uomo. Grazie a questi nuovi sistemi è possibile diagnosticare in modo più dettagliato e corretto le malattie, salvando così molte più vite, il che ha un valore inestimabile.

Laureanda magistrale in Teoria e Tecnologia della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, dove sta svolgendo una tesi sullo stato dell'arte della intelligenza artificiale medica in Italia sotto la supervisione del prof. Federico Cabitza. Precedentemente ha conseguito una laurea triennale in Scienze della Comunicazione presso l’Università degli Studi di Bergamo. Ha intrapreso questo percorso universitario spinta dalla passione verso il mondo del digital e delle nuove tecnologie che permettono ogni giorno continue scoperte ed innovazioni. Grazie a questo forte interesse ha deciso di analizzare lo stato dell’arte dell’Intelligenza Artificiale in ambito sanitario italiano per il suo elaborato di tesi finale.