
Un commento del Financial Times alla notizia che Didi, il colosso cinese di smart mobility, lascerà la borsa di New York per quotarsi a quella di Hong Kong, mette in evidenza gli effetti del nuovo trend geopolitico: la sovranità dei big data.
La Cina teme che i suoi colossi tecnologici quotati negli Stati Uniti siano soggetti a stringenti norme USA che consentirebbero agli americani di ottenere accesso a dati sensibili, cosa che spiega la dura reazione governativa al listing di Didi al NYSE, un’offensiva che ha infine convinto l’azienda a tornare sui suoi passi.
Del resto anche gli americani (e non solo loro) hanno timori simili, soprattutto dopo la nuova legge sulla protezione dei dati emanata a giugno, che mostra la determinazione di Pechino a ottenere accesso a tutti i dati gestiti dalle aziende che operano in territorio cinese.
Più di 240 aziende cinesi dal valore complessivo di oltre 2 bilioni di dollari – riporta il FT – sono quotate negli USA. Da luglio, tuttavia, la Cina ha bloccato quasi tutte le quotazioni offshore delle aziende cinesi che operano con i big data. Quelle che si sono già quotate, commenta la testata, probabilmente torneranno a casa.
Per approfondire: Didi: delisting shows that big data is now a strategic resource