
Lo scorso 19 gennaio AIxIA, l’Associazione Italiana per l’Intelligenza Artificiale, ha annunciato ufficialmente la nomina di Gianluigi Greco in qualità di Presidente. Greco è subentrato a Piero Poccianti che ha svolto il ruolo di Presidente nel quadriennio 2018-2021.
Professore ordinario di Informatica presso l’Università della Calabria, ove ricopre dal 2018 il ruolo di Direttore del Dipartimento di Matematica e Informatica, Greco vanta una ventennale attività di ricerca. Si è interessato a vari ambiti dell’Intelligenza Artificiale, spaziando dallo studio di metodi e tecniche per la rappresentazione e il ragionamento automatico su basi di conoscenza, alla definizione di meccanismi di coordinamento e collaborazione in sistemi multi-agente, allo sviluppo di algoritmi rispondenti a principi di fairness nell’ambito di sistemi AI per il decision-making. È EurAI Fellow, il più prestigioso riconoscimento conferito dall’Associazione Europea per l’Intelligenza Artificiale (EurAI), ha ricevuto una Kurt Goedel Research Prize Fellowship dalla Kurt Goedel Society ed è stato insignito del Marco Somalvico Award, proprio da AIxIA.
Subito dopo l’elezione ho voluto fare qualche domanda al neo-Presidente su temi di attualità come la strategia italiana rilasciata lo scorso novembre e l’AI Act attualmente in discussione in Europa, oltre ovviamente a chiedergli che strada prenderà l’associazione, cosa che mi interessa non solo come socio, ma soprattutto perché l’AIxIA è una componente fondamentale dell’ecosistema italiano.
Domanda: L’associazione, anche se storicamente proviene dal mondo accademico, negli ultimi anni si è data molto da fare per raggiungere una platea più ampia. Lei quali attività si sente di confermare e quali nuove attività vorrebbe che l’associazione intraprendesse?
Risposta: L’Associazione promuove, sin dal 1988, la ricerca e la diffusione delle tecniche proprie dell’Intelligenza Artificiale, attraverso seminari, iniziative mirate e sponsorizzazione di eventi. Inoltre, organizza ogni anno una conferenza scientifica che rappresenta il più importante momento di aggregazione per la comunità italiana dell’IA; bandisce premi per meriti scientifici e mette a disposizione borse di studio per giovani ricercatrici e ricercatori. Parallelamente a queste tradizionali iniziative, negli ultimi anni, l’Associazione è diventata molto attiva anche sul fronte della divulgazione a platee ampie ed eterogenee, specie di giovani studentesse e studenti, e sul fronte del coinvolgimento del tessuto produttivo e imprenditoriale. A partire dal 2019, in particolare, l’Associazione organizza un evento, denominato AI Forum, che è rapidamente diventato una delle più importanti vetrine in Italia per le industrie interessate ad approfondire le potenzialità dell’Intelligenza Artificiale confrontandosi con il mondo della ricerca sul futuro delle tecnologie.
Si tratta di attività che hanno dato lustro e vitalità alla nostra associazione, e che è fondamentale confermare e rendere ancora più strutturate. Tant’è che nella prima riunione del Consiglio Direttivo, ho inteso proporre l’istituzione di una specifica commissione, coordinata da Piero Poccianti (il precedente presidente che, nel biennio 2020-2021, ha dato impulso alla vocazione divulgativa dell’Associazione), che ha come obiettivo quello di dare continuità a queste iniziative. Al contempo, ritengo tuttavia essenziale che l’Associazione dia nuova linfa e slancio alle attività strettamente scientifiche, puntando sull’organizzazione di giornate di lavoro che coinvolgano ricercatrici e ricercatori di primissimo livello internazionale, e su momenti di formazione pensati per le giovani e i giovani che muovono i primi passi nell’affascinante mondo della ricerca.
D: Industria, società, politica, l’AI è sulla bocca di tutti. Siamo dentro uno dei tanto temuti ‘hype’, oppure il crescente interesse è giustificato da evidenti sviluppi tecnologici?
R: Nel corso della sua pur breve storia, l’Intelligenza Artificiale ha già attraversato momenti di grande popolarità e aspettative, cui sono seguite cocenti disillusioni. Negli anni sessanta, ad esempio, le difficoltà che emergevano nell’ottenere significativi risultati nel settore del riconoscimento del linguaggio e delle prime applicazioni delle reti neurali indussero le accademie e i centri di ricerca a spostare i propri interessi verso altre tecnologie che sembravano essere più promettenti. Gli inizi degli anni novanta segnarono, invece, la crisi dei sistemi esperti, basati su tecniche di rappresentazione e manipolazione della conoscenza che faticavano ad essere applicate in contesti applicativi reali. È dunque naturale chiedersi se l’attuale popolarità dell’Intelligenza Artificiale sia anch’essa un fenomeno transitorio destinato a un rapido oblio, oppure se sia in atto una trasformazione irreversibile della nostra società, in cui l’IA sarà destinata a ricoprire un ruolo sempre più centrale.
In effetti, l’attuale primavera dell’IA presenta alcuni caratteri inediti rispetto ai precedenti momenti di ‘hype’; in particolare, i recenti progressi tecnologici nell’ambito del machine e del deep learning per l’analisi di enormi moli di dati hanno rapidamente valicato i confini del mondo della ricerca, grazie ai forti investimenti di grandi player industriali che hanno spinto per realizzare piattaforme di sviluppo e prototipizzazione facilmente configurabili e ri-utilizzabili. Queste tecnologie sono oggigiorno agevolmente accessibili, con costi piuttosto contenuti, e consentono di abilitare, anche in tempi serrati, funzionalità intelligenti a supporto delle attività produttive e di pianificazione strategica. Questa strada è ormai chiaramente tracciata ed è naturale attendersi, nei prossimi anni, un ulteriore fiorire di applicazioni e sviluppi nel settore. In una prospettiva di medio-lungo periodo, invece, il rischio di una fase di disillusione potrebbe essere nuovamente in agguato. Queste tecnologie di learning, che rientrano nel campo della cosiddetta IA sub-simbolica, raggiungono infatti eccezionali risultati ma su compiti ben specifici e precisamente determinati; per andare veramente incontro alle aspettative del mondo industriale, diventerà quindi essenziale far evolvere questi sistemi, integrando tecnologie che consentano di supportare anche forme di ragionamento simbolico, basate su meccanismi di astrazione e consolidamento della conoscenza, che consentano di applicare l’IA in contesti reali più ampi, meno focalizzati e pre-determinati.
D: Che ne pensa della nuova strategia italiana per l’intelligenza artificiale? C’è chi ritiene che si potesse fare di più, soprattutto confrontandola con i testi rilasciati da altri Paesi.
R: Con un certo ritardo rispetto ad altri paesi europei, anche l’Italia si è recentemente dotata di un Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale, frutto del lavoro congiunto del Ministero dell’Università e della Ricerca, del Ministero dello Sviluppo Economico e del Ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale e di un gruppo di lavoro costituito da nove esperti di chiara fama nel settore. Il Programma si articola in ventiquattro politiche da implementare per promuovere il sistema IA in Italia, attraverso la creazione e il potenziamento di competenze, ricerca, programmi di sviluppo e applicazioni.
La strategia ha il merito di delineare un quadro chiaro e preciso dello stato di salute dell’IA in Italia, evidenziando i punti di forza e gli elementi di criticità. Ribadisce, inoltre, con forza l’importanza di puntare sui giovani talenti e sulle competenze e, nel solco di una ormai consolidata visione europea dell’IA, di sviluppare un approccio all’AI che, promuovendo la crescita economica, sappia comunque porre al centro l’essere umano attraverso implementazioni responsabili e trasparenti, che promuovono l’inclusività e la sostenibilità. Tali importanti principi sono calati in una progettazione che chiarisce i contorni sul breve periodo, anche in relazione alla necessità di definire le linee di investimento prioritarie a valere sul piano nazionale di ripresa e resilienza. Nei mesi a venire, la comunità italiana sarà dunque chiamata a lavorare per dare corpo a una visione strategica di più lungo respiro, che sappia poggiare le basi sulle iniziative già oggi avviate – quali la costituzione del partenariato esteso sugli aspetti fondazionali dell’AI e la strutturazione degli ecosistemi dell’innovazione – per caratterizzarsi ed emergere nel panorama internazionale perseguendo obiettivi ambiziosi e sfidanti. A tal fine, sarà inoltre importante prevedere ulteriori investimenti dedicati all’IA, sia pubblici sia privati, da sommarsi al budget attualmente allocato dal Programma Strategico, che rappresenta un importante punto di partenza per fare fronte alle esigenze primarie e che dovremo saper sfruttare per innescare un circolo virtuoso di innovazione e attivazione di nuove opportunità.
D: L’Europa sta discutendo la proposta di regolamento sull’AI (“AI Act”), recentemente aggiornata con una versione preparata dalla Francia. Lei quali disposizioni vorrebbe che contenesse tale regolamento, quando sarà legge?
R: La proposta di regolamento sull’Intelligenza Artificiale è il primo concreto passo mosso dall’Europa per delineare un contorno giuridico alle applicazioni dell’IA, introducendo regole e azioni volte ad affrontarne i rischi delle nuove tecnologie. La Commissione Europea ha aperto una consultazione pubblica sulla bozza di tale regolamento, che si è conclusa ad agosto 2021 con oltre 300 autorevoli feedback; oggi siamo invece nella fase in cui i Parlamenti dei vari paesi membri sono chiamati a esprimere un proprio parere formale. Lo scorso novembre il testo è approdato anche nel Parlamento italiano, ove è in corso l’analisi e il dibattito in seno alle commissioni riunite IX Trasporti e X Attività produttive. Sottoposta a questo attento scrutinio, la proposta di regolamento ha retto bene nella sua impostazione complessiva, che ribadisce con forza la necessità di tendere verso una AI “affidabile” e pensata per i bisogni delle persone e della società. Al contempo, puntuali proposte di modifica sono state sottoposte all’attenzione della Commissione Europea da vari attori dell’ecosistema europeo e, auspicabilmente, molte di queste proposte saranno interiorizzate in una successiva revisione. Da più parti, ad esempio, è stato evidenziato che la definizione di Intelligenza Artificiale utilizzata dalla Commissione Europea nel regolamento non è rispondente all’attuale visione della comunità scientifica internazionale, poiché essa si risolve in una lista di caratteristiche tecnologiche da cui non emerge la peculiarità degli approcci di IA di esibire comportamenti considerati intelligenti e che abilitano nuovi livelli di automazione.
D: Inizialmente si parlava di fare un istituto a Torino, poi il progetto è sfumato. Secondo lei l’Italia ha bisogno di un suo centro nazionale per l’intelligenza artificiale?
R: L’ecosistema italiano dell’Intelligenza Artificiale è dinamico e articolato. La presenza di molteplici iniziative e attività rende, però, tutt’altro che astratto il rischio della frammentazione delle voci e della dispersione delle energie. È dunque giustamente sentita l’esigenza di incanalare le buone pratiche e le esperienze già maturate in una struttura che sappia porre a sistema e valorizzare il lavoro delle istituzioni che esistono sul territorio, quali le Università, il CNR, l’Istituto Italiano di Tecnologia, la Fondazione Bruno Kessler ed altri centri di ricerca attivi nel settore. Non serve una ennesima entità in sovrapposizione a quelle esistenti; serve piuttosto saper delineare un’idea di aggregatore che sia capace di unire le forze nel paese, che venga riconosciuto come super partes e autorevole e che riesca a coordinare le entità già presenti. In prospettiva, sarà infatti sempre più importante saper guidare la creazione di sinergie e tessere legami di collaborazione, anche al fine di costituire una massa critica che consenta all’Italia di divenire un interlocutore credibile e affidabile, giocando un ruolo importante nella definizione dei nuovi equilibri di competitività internazionale.