Iniziate presto e immergetevi nel settore: Ester Liquori di You Are My Guide

Ester Liquori di You Are My Guide

Ester Liquori, CEO e co-founder di You are my guide, è un’imprenditrice molto attiva nell’ecosistema italiano dell’intelligenza artificiale, anche grazie alle interazioni con i vari esponenti del settore che posta regolarmente online sul suo canale YouTube. Volevo intervistarla da tempo, ma visto che in queste cose è più brava di me mi ha preceduto.

Non stupisce come le sue competenze in marketing e comunicazione l’abbiano portata a essere CEO di un’azienda che si occupa di NLP, ovvero di elaborazione del linguaggio naturale. Ed è proprio il linguaggio al centro delle attività di Ester, che con Ghostwriter.ai offre un servizio basato sull’analisi dei dati per personalizzare i messaggi delle aziende, affinché siano più vicini alle necessità dei clienti e – quindi – più efficaci.

Domanda: Di cosa vi occupate?

You Are My Guide è l’azienda che ha creato Ghostwriter AI, un sistema che si occupa di analizzare la voce del cliente e analizzare tutti quei dati che riguardano la comunicazione fra azienda e cliente. Ghostwriter AI aiuta così le aziende a personalizzare al meglio il proprio messaggio, i propri servizi e migliorare le attività quotidiane grazie all’aiuto di dati reali. Grazie all’intelligenza artificiale applicata al business si sfruttano al meglio i dati e si rendono disponibili per obiettivi specifici e raggiungibili.

D: Quali tecnologie AI utilizzate? E in che modo?

Utilizziamo tecnologie esclusive di elaborazione del linguaggio naturale, machine learning, deep learning, comprensione del linguaggio naturale. L’esclusivo motore Ghostwriter AI applica di volta in volta a seconda degli obiettivi aziendali, diverse tecniche per elaborare al meglio i dati. Usiamo l’AI quindi in senso ampio, un insieme di algoritmi selezionati e resi operativi a seconda dell’esigenza del cliente.

Non esiste, specie nel campo dell’analisi del linguaggio, qualcosa che resti sempre uguale e vada bene per tutti. L’azienda è fatta di persone e i clienti sono anch’essi persone. Questo comporta modi diversi di dialogare, ricercare informazioni, fornirle, fare recensioni, dare supporto tutti molto diversi. Inoltre ogni settore, e addirittura ogni azienda, ha un suo vocabolario specifico. I modelli possono quindi essere simili ma mai uguali perché personalizzati per essere efficaci.

D: Ci racconta come è nata l’idea dell’azienda?

Io ho studiato marketing e comunicazione. Lavorando negli anni per varie aziende dai clienti internazionali ho capito che il fattore comune era l’esigenza di capire il cliente e i suoi desideri, contestualizzati poi nella sua realtà quotidiana.
Mauro Bennici, il mio co-founder, proviene dal mondo affascinante e misterioso della data analysis e degli algoritmi applicati a vari contesti, dalla sicurezza informatica, ai campionati mondiali di calcio. Ha lavorato a progetti per Bank of America, la Marina e la Difesa degli Stati Uniti, UEFA e FIFA e tutti avevano in comune la necessità di accedere al dato, elaborarlo, strutturarlo e renderlo “utile”.
Con questo background professionale, avendo anche lavorato in passato a progetti in comune, abbiamo deciso di creare un’azienda nostra, un’impresa che capisse gli utenti e le loro esigenze e aiutasse le aziende a comunicare nel modo giusto.

D: Quali sono state le difficoltà iniziali? Come le avete superate?

La nostra azienda è nata nel 2014 e si occupa di Intelligenza Artificiale applicata al business. La prima difficoltà? In Italia l’Intelligenza Artificiale oggi ha ancora difficoltà a essere capita e utilizzata come una opportunità di crescita e innovazione aziendale. Nel 2014 nessuno aveva la minima idea di cosa stessimo parlando, dei nostri obiettivi e delle opportunità che avremmo reso disponibili. Derivano da questa primaria difficoltà anche le successive, ovvero trovare fondi e clienti.
Ma non ci siamo arresi e il tempo ci ha dato ragione.

D: Quali consigli si sente di dare a un imprenditore o un’imprenditrice che vogliono far partire la loro startup in ambito AI?

Ai nuovi imprenditori dico di iniziare il prima possibile perché solo “sbattendo la faccia” nelle difficoltà, nella quotidianità operativa, si cresce, si migliora e si è pronti eventualmente per la prossima grande avventura.
Se possibile i primi progetti di imprenditoria dovrebbero essere già inseriti nei programmi delle scuole superiori. Quello che ti insegna un’azienda a livello di gestione del team, del business, del tempo, del budget e anche di se stessi e delle proprie paure non può davvero spiegartelo nessuno.

D: Molti giovani oggi sono interessati a una carriera nell’AI. Quale percorso di studi raccomanderebbe loro?

Il percorso di studi è importante ma non è l’unica strada. In parallelo suggerisco percorsi di specializzazione online su temi di management e di gestione progetti, di analisi dei dati. Logico pensare a percorsi dedicati allo studio degli algoritmi ma non dimenticate che l’obiettivo di un business è portare valore e che per farlo servono tanti ingredienti.
Un altro consiglio prezioso che mi è stato dato e che sostengo in pieno è quello di frequentare meetup, incontri, gruppi dedicati al settore che voglio esplorare. Non per sempre, non in modo esclusivo ma contribuendo e soprattutto ascoltando. Lì si trova esperienza vera, difficoltà quotidiane e possono nascere le giuste domande.

D: Dove immaginate l’azienda fra cinque anni?

Da qui a cinque anni sono sicura che lavoreremo in collaborazione con aziende grandi e consapevoli dell’importanza dell’uso dei dati. Non si penserà solo a sfruttarli, che secondo me è un po’ una parola negativa, ma a usarli nel modo migliore, etico, consapevole per portare valore all’azienda ma anche alla persona.

D: Come immaginate l’adozione delle nuove tecnologie, anche quelle basate su Intelligenza Artificiale, nel prossimo futuro?

Vorrei che si parlasse dell’oggi e non solo del futuro. Questo perché le persone, come consumatori, paradossalmente sono già più avanti delle aziende. Usano già dispositivi innovativi, che possono essere indossati, che tracciano parametri vitali, abitudini e altro al fine di “saperne di più”. Questi non sono altro che dati. Le aziende dovrebbero essere le prime a rendersi conto del vantaggio dell’uso dei dati ma spesso, per paura e pigrizia, posticipano.

Basta posticipare, è davvero il momento di iniziare, provare, “osare” come dico durante la mia rubrica settimanale “hAI mAI Osato“. Proprio questa rubrica, un incontro settimanale su LinkedIn, e rilanciato su Facebook e Youtube, vuole essere un modo per mostrare ad aziende e imprenditori che non sono i primi, che c’è già ci prova, sperimenta e innova. C’è già chi trae vantaggio dall’uso di Intelligenza Artificiale nei propri processi.
Capire e formare sono i punti chiave. Per questo intervisto leader e professionisti dell’innovazione. Le puntate possono essere viste gratuitamente e i lettori le trovano tutte qui.

Mi occupo da molti anni di intelligenza artificiale. Dopo la laurea in Management ho conseguito una specializzazione in Business Analytics a Wharton, una certificazione Artificial Intelligence Professional da IBM e una sul machine learning da Google Cloud. Ho trascorso la maggior parte della carriera – trent'anni - nel settore della cybersecurity, dove fra le altre cose sono stato consigliere del Ministro delle Comunicazioni e consulente di Telespazio (gruppo Leonardo). Oggi mi occupo prevalentemente di intelligenza artificiale, lavorando con un'azienda leader del settore e partecipando a iniziative della Commissione Europea. Questo blog è personale e le opinioni espresse appartengono ai singoli autori.