Il riconoscimento facciale per la salvaguardia degli animali

Esempio dal progetto BearID

Oggi il riconoscimento facciale può essere considerato, a torto o a ragione, come la pecora nera della grande famiglia dell’intelligenza artificiale. Questo perché, come ripeto spesso, viene usato male e senza tenere in seria considerazione la privacy delle persone.

Un discorso diverso però si può fare con gli animali, specialmente quelli in pericolo. Un gruppo di studiosi canadesi ha ideato il BearID Project, un progetto che usa un software di riconoscimento facciale per il monitoraggio della fauna selvatica. Il modello riconosce gli orsi bruni (ursus arctos) analizzandone il volto dalle foto dei ricercatori (in futuro si sperimenterà il sistema usando le immagini delle fototrappole).

E non è neanche il primo progetto che usa il riconoscimento facciale per identificare gli animali. Dalla letteratura ho visto studi analoghi su scimpanzè, lemuri, panda giganti, maiali e molti altri animali.

Per ora il riconoscimento facciale degli orsi bruni ha raggiunto un’accuratezza dell’82,4%, ma i ricercatori vogliono continuare a testarlo per migliorarne le prestazioni.

Per saperne di più: BearID Project

Mi occupo da molti anni di intelligenza artificiale. Dopo la laurea in Management ho conseguito una specializzazione in Business Analytics a Wharton, una certificazione Artificial Intelligence Professional da IBM e una sul machine learning da Google Cloud. Ho trascorso la maggior parte della carriera – trent'anni - nel settore della cybersecurity, dove fra le altre cose sono stato consigliere del Ministro delle Comunicazioni e consulente di Telespazio (gruppo Leonardo). Oggi mi occupo prevalentemente di intelligenza artificiale, con consulenze sull'AI presso aziende private e per la Commissione Europea, dove collaboro con la European Defence Agency e il Joint Research Centre. Questo blog è personale e le opinioni espresse appartengono ai singoli autori.