
Il Dipartimento per il Commercio USA ha inserito (qui il documento in pdf) 28 nuove entità cinesi – fra aziende e organizzazioni pubbliche – nella sua blacklist, impedendo di fatto alle aziende statunitensi di fare affari con loro. Il motivo dell’azione sarebbe da ricercarsi nelle recenti violazioni ai diritti umani contro minoranze musulmane nella regione cinese dello Xinjiang, alle quali queste aziende avrebbero collaborato in vari modi.
Fra i nomi spuntano quelli di Hikvision, Zhejiang Dahua Technology, Xiamen Meiya Pico Information Co, iFlytek, Megvii, SenseTime, Yixin Science and Technology Co e Yitu. Tutte aziende tecnologiche, impegnate in ambiti come la videosorveglianza (Hikvision e Zhejiang Dahua), il data recovery (Xiamen), il riconoscimento facciale (Yixin Science e Yitu), il riconoscimento vocale (iFlytek), l’AI per device IoT (Megvii), per non parlare poi di SenseTime, una delle aziende di AI con la valutazione più alta da parte degli investitori.
L’inserimento nella blacklist USA ha fermato molte attività, anche di rilievo, fra le aziende citate e partner statunitensi. Goldman Sachs ha dichiarato che dovrà rivedere il proprio ruolo in Megvii, mentre il MIT – a malincuore – dovrà tagliare i ponti con SenseTime, che gli aveva pure finanziato 27 progetti.
La mossa tuttavia potrebbe avere a lungo termine effetti negativi per gli Stati Uniti, perché potrebbe incoraggiare le aziende cinesi – che ora dipendono dai chip stranieri nell’84% dei casi – ad accelerare una produzione di chip nazionale. Finora la Cina non è riuscita a creare chip avanzati perché le barriere tecnologiche di ingresso sono incredibilmente alte, ma se gli USA continuano ad alzare la posta la soluzione di creare chip autoctoni potrebbe essere vista come una strada preferibile.
Per approfondire: U.S. expands blacklist to include China’s top AI startups ahead of trade talks